I dati del World Economic Forum inchiodano l’Italia. Il nostro Paese ha un “gender gap”, un divario di genere in termini di opportunità, a dir poco preoccupante. Secondo i valori presi in esame, siamo al 50° posto di una lista che comprende 144 Nazioni. Il risultato è sconvolgente, perché ci relega agli ultimi posti dell’Europa e addirittura dietro molti Paesi che vengono definiti del Terzo Mondo. Paghiamo a caro prezzo i reati commessi contro il gentil sesso e le differenze tra uomini e donne in tutti i settori: dal mondo del lavoro fino allo sport, la parola uguaglianza sembra priva di significato. Dal 2014 ad oggi, gli illeciti contro il gentil sesso sono aumentati in maniera esponenziale. Quasi 7 milioni di donne hanno subito violenza fisica e sessuale e negli ultimi tempi si sta diffondendo in maniera preoccupante un fenomeno agghiacciante: si chiama “teen dating violence” e include tutti quei crimini commessi con le nuove tecnologie. Purtroppo, un fattore preoccupante riguarda l’età sempre più giovane degli imputati. Questa piaga deve essere fermata non solo con leggi restrittive ma persino con un cambiamento culturale che parta proprio dalle nuove generazioni.
Nello sport, e parliamo di un mondo che dovrebbe unire e non dividere, la situazione non è migliore. L’Italia sembra distante anni luce dalle civilissime Francia e Norvegia. Sempre più atlete italiane sono costrette a firmare delle carte private che escludono la possibilità della maternità, il professionismo è un lusso, i compensi delle star non possono essere paragonabili a quelli degli uomini e la situazione delle quote rosa all’interno delle Federazioni è tutta da rivedere. Sembra impossibile ma nel nuovo millennio circolano ancora falsi miti e stereotipi. Secondo qualcuno esisterebbero delle attività sportive per maschi ed altre per femmine. Ma c’è pure chi pensa che le donne dovrebbero praticare soltanto alcune discipline. Lo sport, oltre a favorire l’integrazione, deve proteggere la cultura dell’uguaglianza.
OPES, impegnata da sempre nel trasmettere e nel diffondere i valori dello sport, ha avviato diverse attività per invertire questa tendenza e per cambiare la mentalità delle persone, in modo particolare delle future generazioni. I progetti “Entra in Squadra!” e “In campo diversi ma uguali”, sviluppati con il CONI, con il Dipartimento delle Pari Opportunità, con la Divisione Calcio a 5, con Sport Senza Frontiere e con AICEM, sono soltanto due esempi. Lo sport non può essere soltanto attaccamento alla maglia, senso di appartenenza, creazione di dinamiche di squadra, strategia, raggiungimento degli obiettivi prefissati, sana competizione, lealtà, fair-play, rispetto delle regole e degli avversari ed integrazione, ma anche uguaglianza tra sportivi di etnia, religione e genere diverso.
Questi progetti possono essere degli strumenti utili per iniziare a ridurre il “gender gap” che ci separa dagli altri Paesi, per frantumare quelle barriere culturali che non possono più esistere nel 2018 e per sotterrare definitivamente tutti quegli stereotipi che dipingono immagini fuorvianti e semplificano la realtà. (L.D.)