La giornata di lunedì 9 marzo sarà ricordata come il momento in cui lo sport italiano, all’unanimità e con una decisione coscienziosa e consapevole, ha deciso di fermarsi. Le incongruenze e le difformità di prese di posizione anche all’interno di una stessa federazione, per decidere quali categorie avrebbero dovuto giocare e quali fermarsi, hanno spinto il Presidente del CONI Giovanni Malagò a riunire a Palazzo H tutti i massimi esponenti federali. Lo scopo: cercare una soluzione che riunisse sotto un’unica bandiera lo sport italiano. Al termine dell’incontro, come tutti sanno, la comunicazione ufficiale è stata: tutte le attività sportive, ad ogni livello, sono sospese fino al prossimo 3 aprile.
In una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport (edizione dell’11 marzo 2020) il numero 1 dello sport italiano ha parlato dell’emergenza e dello stop alle attività sportive: «Abituarsi a questa assenza è un problema per tanti. Ma questo è marginale, ed è persino riduttiva questa parola rispetto a quello che stiamo vivendo. Proviamo quasi vergogna a occuparci di tutto questo. Ora ci sono altre emergenze, altri problemi, altre situazioni, e ci sono da rispettare tutte le indicazioni che possono aiutare a fermare il virus. Poi, certo, possiamo aiutare la gente a vivere meglio in questo periodo. Penso per esempio a una campagna che possa invitare la gente a fare attività fisica nelle proprie case». La decisione di compattare tutto il settore è emersa durante le febbrili ore di domenica, quando alcune federazioni giocavano ed altre no: «Ho detto: “Signori, non è possibile”. Bisogna fare una scelta. E farla insieme». Sulla scelta di fermarsi, invece, Malagò ha aggiunto: «Ma non è stata una scelta calata dall’alto. E non era una scelta fatta solo per il calcio. Dopo il Decreto di Conte sono arrivate le ordinanze delle regioni. Per tutto questo abbiamo chiesto al governo un’indicazione univoca. E poi ci voleva una manleva, qualcosa che avallasse la scelta sportiva. Cosa che è arrivata con il decreto. Hanno convenuto con questa esigenza. E si sono dimostrati sensibili anche rispetto alla necessità di rispettare gli impegni internazionali delle nostre squadre».
Infine, alla “rosea” Malagò ha confermato di aver chiesto al Governo aiuti per tutti gli sport, sia professionistici che non. «Ci sono centomila società sportive in Italia, centomila società, che hanno dei costi fissi, la segreteria, l’affitto dell’impianto. Se non teniamo in vita tutto questo, quando potremo ripartire lo sport italiano sarà spacciato. Ma il governo percepisce l’importanza del nostro comparto».