Essere o non essere, questo è il problema!
Non c’è rifugio nel terzo settore per chi ha deciso di aggirare la legge che regolamenta la materia. È assolutamente vero che il no profit fa profitto ma, deve essere regolare e tassato alla stregua di chi, in Italia, lavora regolarmente e paga le tasse. Mentre invece, ed è un problema atavico, c’è sempre il furbetto di turno, da sempre borderline che “usa” l’Asd, la Onlus, la No-profit come una Srl senza mai avere il coraggio di aprire una partita Iva, questo finché dura, poi però … Poi, però, non c’è da lamentarsi se la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate focalizzano i loro controlli ed accertamenti anche su palestre, poligoni o abitazioni, specie quelle più strutturate e frequentate, con lo scopo di verificare se si tratta di un’associazione o di un’attività commerciale nascosta dietro un ente no profit.
Cosa dovrebbero dire i commercianti, quelli in regola, ovvero, i titolari delle 296.699 partite Iva attualmente aperte in Italia? Nel 2020, i rapporti di affiliazione che caratterizzavano lo sport dilettantistico risultavano essere 146.961. Le Associazioni/Società sportive dilettantistiche iscritte al Registro del CONI nel 2020 risultavano essere 115.469 (Soggetti giuridici distinti) rispetto all’anno precedente (2019), oltre 5 mila in meno.
Oggi, dopo l’entrata in vigore della riforma dello sport per tramite del “decreto correttivo bis” inerente alla gestione dei rapporti di lavoro, c’è un grande riordino e riassetto, o meglio, c’è una giusta riallocazione dal famoso rapporto dei “Numeri dello Sport 2019-2020” pubblicato dal CONI.
In molti però non hanno ben chiaro che il 1° luglio 2023 è entrata in vigore la riforma organica del lavoro sportivo frutto di un processo articolato iniziato nel 2019 con la legge delega n. 86/2019, proseguito con il D.Lgs. n. 36/2021 (Riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo) e conclusosi, ma non del tutto, con il primo decreto correttivo D.Lgs. n. 163/2022 (Disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. n. 36/2021).
A torto o a ragione, questa norma regolamenta lo Sport in Italia che, finalmente, dopo 75 anni è entrato di diritto nella Costituzione, dopo che la Camera ha approvato all’unanimità la modifica all’art. 33 della Costituzione introducendo il nuovo comma: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.
E lo Sport in Costituzione raffigura solo la prima tappa di un percorso che raggruppa, in poche parole, un concetto profondo e un valore preziosissimo che possiamo riassumere in due parole: “Sport Sociale”.
Questo significa che, chi ha deciso di “lavorare” nello Sport, ovvero essere un “professionista” nello e dello Sport oggi può esprimere la sua passione e farne un lavoro con cui mantenere sé stesso o la famiglia.
Ma c’è un paletto, ovvero, la regolarità – e principalmente, il rispetto delle norme, altrimenti tutto è illusorio e inefficace.
Infatti, chi ha deciso di costituire una Asd, deve mettersi bene in testa che non ha aperto un’azienda “a conduzione familiare” o “tra amici-soci” e il presidente pro tempore, non è né il proprietario né l’amministratore unico!
Altra forma è la Ssd dove, invece, i soci titolari delle quote sono gli effettivi finanziatori della società e i loro voti hanno un peso differente in base alla maggiore o minor porzione di quote possedute.
Anche in questo caso, la Ssd non è una Srl anche se è obbligatoria l’iscrizione alla Camera di Commercio.
Nelle Ssd vige il concetto di “autonomia patrimoniale” completa e dei debiti della società risponde la società stessa con il suo patrimonio, che è totalmente separato da quello personale dei soci e da quello di ogni altro soggetto, diversamente dall’Asd che implica rischi a carico di tutti i soggetti coinvolti nell’associazione.
Quindi, a cosa “servono” realmente una Asd e una Ssd?
Semplice, come la BAS, le associazioni “spontanee” di persone nascono “solo ed esclusivamente” per proporre attività sportive organizzate che impegnano tutti i loro soci, giovanissimi, giovani e non, incoraggiando la crescita psicofisica, l’ottenimento di uno stile di vita sano e l’interazione sociale e inoltre, proprio le Asd/Ssd, con l’affiliazione agli EPS, sono la “fabbrica” dei futuri agonisti e campioni del domani.
Ricordo a me stesso che le Asd/Ssd sono ben radicate in tutto il territorio nazionale, isole comprese, e che generano “entrate” per oltre 5 miliardi di euro all’anno.
Le Asd/Ssd, come ci ricorda il CONI, usufruiscono di quasi mezzo milione di “addetti ai lavori” e la loro promozione sociale impegna circa 8 milioni di associati in maggioranza bambini e adolescenti.
Ciò premesso, concludo con la nota dolente.
Se volete fare dell’Asd, ovvero, dello Sport una “professione” vera allora che sia una vera “professione” e non un “secondo lavoro retribuito in nero”, perché laddove non arriva la coscienza critica, arriva di sicuro l’Agenzia delle Entrate a braccetto con la Guardia di Finanza.
Se il CONI, a torto o ragione, ha istituito il famoso Registro, questo attualmente è lo strumento che il Consiglio Nazionale del CONI usa per confermare, definitivamente, il riconoscimento ai fini sportivi alle associazioni/società sportive dilettantistiche, già affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate ed agli Enti di Promozione Sportiva.
Oggi c’è il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche e l’iscrizione “certifica” la natura dilettantistica di Società e Associazioni sportive, per tutti gli effetti che l’ordinamento ricollega a tale qualifica, in soldoni, una Asd, se non è iscritta e riconosciuta dal CONI e Sport e Salute, “perde” i benefici fiscali della Legge 398/1991, e questo, per capirci, è quanto emerge dalla ordinanza della Suprema Corte di Cassazione del 13 novembre 2019, riguardo ad una Asd non iscritta, poiché, si legge negli atti che “sfruttava le agevolazioni fiscali seppur non fosse in possesso dell’affiliazione al CONI”.
L’Agenzia delle Entrate, prima provinciale poi regionale, aveva comminato una sanzione e recupero di mancati versamenti per IRES, Irap e IVA per l’esercizio 2007 ad una associazione sportiva della Lombardia, da qui la sentenza passata in giudicato.
Quindi, quando con la vostra Asd/Ssd, oltre alla promozione sportiva dilettantistica decidete di lanciarvi, ad esempio, nella “formazione”, previo nulla osta dell’Ente di Promozione Sportiva al quale siete associati, ricordatevi che fate attività commerciale, ovvero, non sportiva, vi espone ad un enorme rischio, anzi a più rischi, molto concreti.
Il primo è circoscritto all’evasione fiscale perché, di fatto, fate un lavoro retribuito facendolo passare per un passatempo!
Secondo poi, l’Ente di promozione stesso nel quale siete affiliati dovrebbe impedirvi di fare strafalcioni.
Non in ultimo, sarete indicati e derisi quali wannabe, o peggio, quali contraffattori di attività formativa che, nel tiro ad esempio, accade quando si vuole -a tutti i costi- “istruire” ad esempio le Forze dell’Ordine e le Forze Armate, magari senza aver svolto la leva militare e senza il possesso del porto d’armi per difesa bensì, solo per lo sport!
Attenzione, aggiornare con vari refresh mirati al tiro tecnico con armi da fuoco le Forze dell’Ordine e le Forze Armate è fattibile ed è possibile, anzi, concede una sorta di meravigliosa reciproca autorevolezza, dal Tiro Difensivo al Tiro Operativo è ormai una piacevole consuetudine la collaborazione con determinati settori Istituzionali, anche Speciali, tuttavia, ciò che stabilisce la fattività è il cv del formatore che, per ovvi motivi dovrà avere un background di ampio livello e inoltre, ciò che non è ammissibile né sostenibile, è il tentativo di voler “formare” operatori delle FFOO e FFAA – o peggio – “civili appassionati”, con attività “tattica” fatta passare per Sport perché in primis è vietato dalla legge, perché la formazione di questo tipo soddisfa necessità operative -e tattiche- con regole di ingaggio effettive che forniscono istruzioni concrete al combattente impiegato sul teatro di un conflitto reale.
Ma questo non è Sport e non può – e non deve passare -, in alcun modo, il messaggio che gli Enti di Promozione Sportiva possano solo immaginare di “promuovere” questo tipo di attività delegata a strutture autorizzate.
In Opes Armi e Tiro è scontato che ciò non è immaginabile, anzi, si è iniziata una vera e propria campagna di “derambizzazione” degli istruttori di tiro che, oltre ad usare terminologie adeguate, li vincola ad un atteggiamento più consono al loro ruolo.
Quindi il nuovo codice etico del Coordinamento Armi e Tiro di OPES, obbliga chiunque rivesta un ruolo Tecnico nell’Ente, a non indossare buffetteria paramilitare e/o tattica estrema nell’attività promozionale sportiva del tiro, se non l’abbigliamento adeguato e adatto, quindi niente elmetti da guerra, niente Gap, no alle giberne da guerra, no Milan filoguidati, no Vulcan 5, no RGB-60, no Sam terra-aria, no Granate MK2 o ClaymoreM18A1. Insomma, a meno che non ci sia una vera e propria necessità non è possibile trasmettere una pseudo (seppur finta) “formazione da contractor”. Ciò perché in primis si gioca con armi da fuoco vere e, non in ultimo, il messaggio preliminare che deve passare è lo “Sport” e solo lo “Sport”, poi tutto il resto.
Molti diranno: “Ma, allora il Softair?” Il softair nella realtà si chiama “airsoft” e non si gioca con strumenti chiamati “armi”. È vero, il CONI lo riconosce sotto il codice “DR001 – Tiro Dinamico Sportivo – “Arma” Air Soft”, ma questa, credetemi, è tutta un’altra storia.
A cura di Massimiliano De Cristofaro,
Coordinatore Nazionale OPES Armi e Tiro