Il virus ed il terremoto economico. Quanti punti percentuali di PIL perderemo?

Se ti affacci a una finestra oggi, in pieno centro a Roma, intorno al mezzogiorno, ti accorgi subito di quanto un microscopico e infame virus abbia stravolto la nostra vita, la nostra società, l’organizzazione stessa del nostro futuro. E la domanda che viene spontanea è: oggi, in questo primo scorcio di primavera, fresco e variabile, esiste ancora un’economia così come l’abbiamo intesa fino all’avvento del coronavirus?

Badate, non è una risposta da dare con superficialità, soprattutto considerando scenari che ancora ci aspettano e sui quali potremmo non avere per niente le idee chiare, proprio come accaduto fino ad oggi. Certo è che allo stato attuale dei fatti, tutti quelli che ne hanno responsabilità si devono fare avanti e, oltre a presentare proposte, cominciare anche ad agire, magari in maniera più lucida di quanto non sia accaduto fino ad ora.

Intanto, centri di ricerca fanno i conti su quanto potrà costare la pandemia, sempre considerando il fatto che si ragiona su ipotesi, visto che non si sa come andrà avanti la questione, quanto ci vorrà per tornare alla normalità. Questa incertezza delle prospettive fa in modo che quando si elaborano ipotesi si lavora su una forchetta che prevede la migliore e la peggiore delle ipotesi.

Dice il centro REF ricerche, “l’epidemia e soprattutto le misure adottate per contenerla causano nel breve termine un minor Pil compreso tra i 9 miliardi e i 27 miliardi, a seconda delle ipotesi adottate sull’entità delle perdite (e dei guadagni) nei diversi settori”. Una stima drammatica che prende tra l’altro in esame il fatto di non poco conto che due delle regioni italiane più colpite dal virus siano Lombardia e Venero, che da sole valgono il 31% del Pil italiano. E se ci vogliamo intristire di più, REF ricerche fa anche sapere che una contrazione del 10% del Pil in queste due sole regioni equivale a una diminuzione del 3% del Pil nazionale.

Naturalmente, non tutti i comparti economici vanno in crisi all’epoca di coronavirus. Per le industrie farmaceutiche, o di elettromedicali, e i servizi connessi allo smart working e alle video conferenze – settore che ha un peso dell’8,5% – si potrebbe vedere un aumento di attività dal 2% al 6%. Di contro, ci sono settori economici destinati a patire grandemente l’impatto della pandemia, come ad esempio il comparto del turismo o comunque tutte le attività legate ai centri di aggregazione. Qui la contrazione dell’attività può variare dal 10 al 40%.  Tutto ciò potrebbe significare una contrazione del Pil dal -3% al -1%. REF fa anche notare che una parte della ricchezza persa è destinata ad essere recuperata in tempi brevi. Altre attività, invece, incontreranno una ripresa solo nel lungo termine, e si tratta ad esempio del turismo, che richiederà tempo per tornare ai valori pre-virus, soprattutto perché sarà necessario recuperare una positiva condizione psicologica delle persone, disposte a tornare a viaggiare vincendo sensazioni di ansia o pericolo lontano da casa. Altri comparti, purtroppo, potrebbero non tornare più in attività. Parliamo per esempio del piccolo commercio, già bersagliato e vessato prima del Covid -19, attività marginali ma importantissime per il mondo del lavoro, che saranno probabilmente soppiantate dai grandi distributori online, che non hanno interrotto il servizio nemmeno nel periodo maggiore della diffusione del coronavirus.

Ma non solo in Italia l’impatto con la pandemia ha creato questa sorta di terremoto economico. Tutto il mondo interessato dal virus sta subendo gravissimi contraccolpi.  Per capirne un po’ di più, però, sarà necessario attendere il momento in cui le grandi aziende pubblicheranno dati aggiornati sulle vendite commerciali e sulla produzione e la Cina segnalerà il bilancio sul suo settore manifatturiero. Già, perché proprio la Cina – là dove tutto è cominciato – potrebbe essere la cartina al tornasole di quello che ci attende.

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